Complesso parrocchiale di San Gregorio
Arcidiocesi di Agrigento
Agrigento - 2006/2012
Il complesso di San Gregorio sorge nella pianura costiera di Agrigento, tra la Valle dei Templi ed un sito archeologico di origine cretese. Il corpo principale della chiesa è costituito da un possente parallelepipedo frammentato, rivestito in travertino e ruotato rispetto alla strada secondo la classica direzione est-ovest, da dove svetta un grande setto rivestito in acciaio cor-ten che simboleggia una porta sempre aperta alla comunità, tra due torri inclinate verso il centro e di diversa altezza, crescente verso il campanile. Il fronte laterale verso la Valle è scandito da un colonnato di sette elementi, quanti sono i Vescovi agrigentini Santi o Beati; il fronte opposto, è scandito da bucature che richiamano le note dell’Ave Maria gregoriana.
All’interno, l’area presbiterale è segnata da un lucernario costituito da un parallelepipedo cavo, ruotato e ben visibile dall’esterno, come il proseguimento di un elemento basamentale che incardina tutta la chiesa. In sommità vi è sospeso un grande Cristo in bronzo nell’atto della resurrezione, sotto un velario inclinato, come la lapide del sepolcro che si scoperchia, lambita ai lati da fasci di luce provenienti dall’alto. Il campanile, in prossimità della strada, è uno snello e alto parallelepipedo, rivestito pure in travertino, tagliato in diagonale. La casa canonica, immediatamente dietro, è allineata alla strada e si caratterizza come una modesta unità residenziale urbana sullo sfondo.
A fianco si apre una sorta di chiostro scavato rispetto al sagrato, al quale si accede attraverso una gradonata, che diventa anche una cavea; il chiostro è scandito dal ritmo dei pilastri che inquadrano le aule per la catechesi, il salone parrocchiale e la cappella feriale. Questa è accessibile direttamente dal centro del chiostro, passando in penombra sotto l’imponente sbalzo della chiesa sovrastante, aggettante dalla cavità del parallelepipedo basamentale, dove, perfettamente in asse col presbiterio ed il velario superiori, si trova una cripta che accoglie una cappella e che si apre solo lateralmente ad un piccolo giardino triangolare.
La chiesa e il campanile sono rivestiti con lastre di travertino, che rimanda alla solidità ed all'importanza fondante della Chiesa romana e, con il suo colore chiaro e luminoso, a sottolineare la sacralità del paesaggio. Gli elementi cardine quali il setto-porta o la torre centrale che culmina col velario, rivestiti in acciaio cor-ten, riprendono i colori della terra, per contrastare la purezza e luminosità del travertino, enfatizzano il passaggio dalla dimensione fisica dell'edificio cristiano (caducità delle cose) a quella spirituale (azione vivificatrice e salvifica). La trasparenza della chiesa è messa in risalto dalle ampie vetrate, che diventano sede per la narrazione dei temi artistico-religiosi, che trovano espressione anche nei mosaici e negli altri elementi sacri.
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Progetto: Giuseppe Pellitteri
Collaboratori: Dario Riccobono, Alessio Pallozzi Lavorante, Giuseppe Dominici, Luigi Pintacuda, Alessia Riccobono
Artista: Enzo Venezia
Foto: Giuseppe Pellitteri, Alessia Riccobono
Riqualificazione piazza di San Giuseppe
Comune di Agrigento
Agrigento - 2009/2015
Il progetto di riqualificazione di alcune piazze del centro storico di Agrigento propone una rilettura in chiave contemporanea di spazi pubblici centrali od interstiziali tra le emergenze architettoniche e i contesti urbani storici interessati, significativi nel tessuto urbano consolidato della città, come strumento metodologico di intervento per la valorizzazione di spazi centrali trainanti per la rigenerazione del centro storico. Il recupero di questi importanti spazi pubblici storici di Agrigento, ormai in condizioni di indubbio degrado, è stato ricondotto a riferimenti spaziali contemporanei, sia dal punto di vista dell’interpretazione della scena urbana, che nell’uso di un linguaggio architettonico, pur lasciando inequivocabilmente leggibile l’impianto storico originario e valorizzando le sue peculiarità morfologiche e culturali. Nel recuperare il centro storico della Città, il progetto vuole anche valorizzare e rinsaldare il legame con la sua identità, che deriva soprattutto dalla vicinanza e dalla presenza culturale della città antica, vivificando la centralità delle vestigia e testimonianze di quella che fu la civiltà greca, la principale e quasi unica attrattiva turistica di Agrigento. I significati introdotti fanno pertanto costante riferimento e non si allontanano dai temi della grecità in Sicilia ed in particolare ad Agrigento, reinterpretandoli e restituendoli alla società attuale come strumento di diffusione culturale all’esterno del territorio stesso.
Piazza San Giuseppe è una delle quattro piazze dove l’architettura contemporanea diventa elemento di rigenerazione urbana, necessaria al recupero del centro storico di Agrigento. Il progetto vuole anche valorizzare e rinsaldare il legame con l’identità della Città, vivificando la centralità delle vestigia e le testimonianze di quella che fu la civiltà greca, restituendo il significato storico complessivo della piazza, un tempo un ameno belvedere verso la Valle dei Templi. Eliminato il parcheggio esistente, il piano della piazza viene riportato a livello di quello originario, raccordato lateralmente al fronte dell’edificio neoclassico sede del Circolo Empedocleo e prospetticamente alla centrale Chiesa di San Giuseppe. Su due muri ad altezza d’uomo scorrono “cascate d’acqua”, su cui proiettare video-installazioni, nascondendo dal centro della piazza il palazzo retrostante.
L’architettura della piazza simboleggia il legame con la figura quasi mitologica del filosofo agrigentino, dove i due grandi blocchi di pietra lavica, inclinati entro geometrie regolari, identificano i principi Empodoclei che genrano l’universo: i quattro elementi base - Aria, Acqua, Terra, Fuoco – che si aggregano e si disgregano vicendevolmente.
Crediti
Progetto: Giuseppe Pellitteri, Domenico Urso (UTC)
Collaboratori: Dario Riccobono, Guglielmo Pristeri
Foto: Giuseppe Pellitteri, Dario Riccobono
Riqualificazione piazza Lena
Comune di Agrigento
Agrigento - 2009/2015
Il progetto di riqualificazione di alcune piazze del centro storico di Agrigento propone una rilettura in chiave contemporanea di spazi pubblici centrali od interstiziali tra le emergenze architettoniche e i contesti urbani storici interessati, significativi nel tessuto urbano consolidato della città, come strumento metodologico di intervento per la valorizzazione di spazi centrali trainanti per la rigenerazione del centro storico. Il recupero di questi importanti spazi pubblici storici di Agrigento, ormai in condizioni di indubbio degrado, è stato ricondotto a riferimenti spaziali contemporanei, sia dal punto di vista dell’interpretazione della scena urbana, che nell’uso di un linguaggio architettonico, pur lasciando inequivocabilmente leggibile l’impianto storico originario e valorizzando le sue peculiarità morfologiche e culturali. Nel recuperare il centro storico della Città, il progetto vuole anche valorizzare e rinsaldare il legame con la sua identità, che deriva soprattutto dalla vicinanza e dalla presenza culturale della città antica, vivificando la centralità delle vestigia e testimonianze di quella che fu la civiltà greca, la principale e quasi unica attrattiva turistica di Agrigento. I significati introdotti fanno pertanto costante riferimento e non si allontanano dai temi della grecità in Sicilia ed in particolare ad Agrigento, reinterpretandoli e restituendoli alla società attuale come strumento di diffusione culturale all’esterno del territorio stesso.
Collegata a Piazza San Giuseppe dalla via Bac Bac, un tempo sede del mercato alimentare, c’è piazza Lena, il cui piano, dove si affacciano edifici di varia epoca, raccorda la parte più alta di via Bac Bac, con la sottostante piazza Gallo e la centrale via Atenea, attraverso una scalinata. La piazza viene interpretata come un teatro in cui la scena è il muro sottostante il tratto di via Bac Bac, che viene scomposto in tre elementi, dei quali quello centrale diventa una “cascata d’acqua” per video-proiezioni, contornato da sedute in pietra bianca che emergono dalla pavimentazione della piazza, pure in pietra calcarea bianca di Ragusa, come i circostanti parapetti, gradinate e muri perimetrali, ad eccezione dell’attraversamento scuro di via Bac Bac, in pietra lavica.
La piazza è il teatro in cui va in scena l’altro aspetto del “mito” di Empedocle. Il Cosmo in cui si mescolano gli elementi della Terra è il fondo scena, rappresentato da un reticolo di luci incassate di diversa grandezza, che collegate disegnano le costellazioni visibili in un cielo d’estate agrigentina. Esse rappresentato l’attrazione (Concordia) cosmica che aggrega i quattro elementi primordiali che generano l’universo, per effetto dominante dell’Amore. Ad esse si oppone l’Odio, che affiora dal fondo attraverso la sua frantumazione (Discordia), cioè i blocchi irregolari delle sedute, sparsi come schegge esplose, dove però si può stare seduti come in un teatro.
Crediti
Progetto: Giuseppe Pellitteri, Domenico Urso (UTC)
Collaboratori: Dario Riccobono, Guglielmo Pristeri
Foto: Giuseppe Pellitteri, Dario Riccobono
Recupero della Morgue del Policlinico Universitario
Azienda Ospedaliera “P. Giaccone”
Palermo - 2010/2015
Il progetto ha ripensato la “Morgue” del Policlinico di Palermo per renderla in grado di rappresentare in tutti i sensi i drammatici momenti che caratterizzano l’ineludibile distacco, legandoli anche a quanto quegli stessi luoghi hanno drammaticamente rappresentato nell’animo della Città. Non un monumento, a tramandare quel senso di eternità che devono avere le sepolture, ma il richiamo al “tumulo” primordiale, attraverso la pesantezza della pietra tombale e la drammatica gravità che deve avere il ricovero sepolcrale, sono gli elementi ispiratori dell’espressione formale e dell’articolazione spaziale di questa seppur contenuta architettura, sorta sulle spoglie dell’edificio degli anni ’70.
L’edificio esistente, schiacciato tra le ali di due primi più antichi corpi del Policlinico Universitario, costruito negli anni ’30 su progetto dell’architetto Antonio Zanca, ha un impianto planimetrico a forma trapezia, costituito da un’elevazione fuori terra e un piano interrato. In corrispondenza del fronte più interno, un progetto in corso di realizzazione prevedeva l’arrivo della galleria sotterranea di collegamento tra i vari plessi e quindi tra le vicine aree di “Anatomia Patologica” e di “Medicina Legale”. Lì si erano previsti tutti i servizi necessari e richiesti dalle norme igienico-sanitarie per il trattamento delle salme: deposito, osservazione, vestizione e trattamenti speciali dei feretri, per essere trasferiti al piano superiore con un sistema di elevazione, dopo tutti gli indispensabili controlli e preparazioni, ed essere lì esposti.
Questo luogo doveva quindi diventare il più importante, dove sarebbe avvenuto l’incontro con i propri cari, il momento più significativo che segna l’inizio di quei gesti che contraddistinguono tutto il successivo rituale del “commiato”, fino al definitivo distacco dalle proprie spoglie. Tutta la parte in elevazione, oltre agli indispensabili adeguamenti funzionali e normativi, è stata totalmente ripensata per renderla in grado di rappresentare in tutti i sensi i drammatici momenti che caratterizzano l’inevitabile distacco.
L’impianto e la struttura muraria originari hanno richiesto una totale rielaborazione, attraverso una decostruzione di parti più compatte ed una ricostruzione di parti mancanti, per articolare in più volumi l’intero edificio, rendendolo adeguato ad esprimere quei significati finora mancanti e anche recuperando un mai avuto rapporto con gli edifici circostanti e con il contesto urbano, testimonianza ancora viva della prima espansione novecentesca della Città, con le originarie, vicine ed incombenti, architetture del complesso ospedaliero dei primi del Novecento. Il recupero dell’edificio propone appunto un dialogo mai avuto ed interrotto tra i due contigui padiglioni neoclassici, cercando di ricucire lo strappo generato dall’improvvida e più recente costruzione dalla “Morgue”, in un posto destinato a rimanere libero ed irrispettosamente occupato tra i due fronti dei due padiglioni, originariamente destinati ad “Anatomia” ed alla “Clinica Medica”.
La purezza delle forme e dei volumi, con un aumento dell’altezza dei tetti, per alloggiare la quantità considerevole d’impianti necessari alle funzioni richieste nel caso in ispecie, è frutto di una ricerca volta a rendere più neutre possibili le geometrie in rapporto ai fronti architettonici delle due architetture ai due lati. Le diverse altezze, ottenute dalla scomposizione del volume originario, servono a costituire una gerarchia che descrive le diverse attività interne, facendo emergere nel corpo più alto le tre “camere ardenti”, mentre più bassi sono il blocco dei servizi e quello dell’accoglienza, rivolto verso il viale su cui si allineano i due padiglioni contigui.
I due grandi tagli che scompongono i volumi formano due percorsi interni che collegano i tre diversi accessi, il principale per i visitatori e gli altri di servizio: tutti sono contrassegnati da un nastro inclinato in lamiera di rame che li copre, generando un ribassamento del soffitto e terminando all’esterno con tre ampi aggetti metallici scuri che “frantumano” da cima a fondo l’edificio, enfatizzando gli accessi e sconnettendo i candidi volumi. All’interno, il ribassamento del corridoio centrale serve a far dilatare ancor più lo spazio entrando nelle tre “camere ardenti”, il cui soffitto più alto è illuminato da altrettante piramidi di luce, ottenute da inclinazioni delle pareti di alti lucernari, che l’amplificano in direzione dei feretri esposti e danno un aspetto metafisico e religioso allo spazio interno. I tre blocchi sono rivestiti con lastre di marmo siciliano, “perlato” di Custonaci, che danno il senso di massi tombali sotto cui si consuma il dramma della morte; tre tagli in sommità scandiscono lateralmente il blocco delle “camere ardenti” e ritmano il fronte, in corrispondenza di ciascun lucernario.
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Progetto: Omni Service s.r.l. Dario Riccobono, Giuseppe Pellitteri
Collaboratori: Alessio Pallozzi Lavorante
Foto: Giuseppe Pellitteri
Residenza stagionale sulla Costa Mediterranea
Privato
Realmonte (AG) - 2012/2019
Due corpi separati e a sbalzo, guardano il mare da punti di vista diversi, attraversati centralmente da una scala che va al piano interrato, dove le camere ruotano intorno a due corti centrali. Il collegamento tra i due corpi è fatto da vetrate che guardano le verdi corti sottostanti, fungendo da cerniera ed esaltando la presenza della scala. I due volumi sono aggregati e sfalsati, con pareti in muratura bianca e recinti in legno che segnano lo spazio all'aperto: filtrano i caldi raggi del sole estivo, evocando immagini lontane, di capanne fatte con le tante canne di cui è piena la campagna a picco sul mare. Tutto dà l'idea di un complesso di piccoli elementi, che sono anche frammenti di un blocco rurale più grande, di cui ora rimangono segni tra le rocce di calcarenite dorata. Collante di questi corpi sparsi è un'architettura unitaria, espressa in un linguaggio contemporaneo che rinvia a luoghi Mediterranei, tenuti insieme da regole geometriche che pongono tutti gli elementi su un unico piano, la copertura di parte del piano interrato. Blocchi bianchi regolari, tagliati verticalmente per dominare da qualsiasi angolazione il paesaggio e rotti da finestre che lo inquadrano. Il forte radicamento al suolo è sottolineato da pannelli in acciaio corten che rivestono il basamento e accentuano lo stacco degli sbalzi.
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Progetto: Giuseppe Pellitteri
Collaboratori: Dario Riccobono
Foto: Giuseppe Pellitteri
Appartamento in centro
Privato
Palermo - 2018/2019
L’appartamento presenta le caratteristiche distributive tipiche dell’edilizia palermitana degli anni ‘50, con interpiani alti e ambienti accessibili da un corridoio centrale di distribuzione. Lo stato è quello originario, ormai inadeguato alle esigenze attuali e non è dotato di tutto quanto necessario a raggiungere un livello di comfort accettabile, richiede una riorganizzazione della distribuzione interna, finalizzata ad una più funzionale e confortevole organizzazione degli spazi, ormai indispensabile ad un’abitazione contemporanea e a tutti gli ambienti di sua pertinenza.
La zona giorno è pensata come un unico open space, a cui si accede direttamente dall’esterno, separata dalla zona cucina-pranzo da ampie vetrate scorrevoli. Da questa si accede ad un nuovo disimpegno centrale che serve tutti gli ambienti della zona notte.
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Progetto: Giuseppe Pellitteri
Collaboratori: Massimo Macaluso
Foto: Massimo Macaluso
Attività commerciale
Privato
Palermo - 2019
Il progetto ha previsto la riorganizzazione funzionale interna del locale, ubicato in un palazzo risalente alla fine del XIX secolo, per adeguarlo all’esercizio della nuova attività. Una grande parete attrezzata, che richiama i chioschi da strada tipici dello street food, funge da espositore (in combinazione con un’interfaccia touch – screen per le ordinazioni) e allo stesso tempo nasconde, grazie ad una parete scorrevole integrata nell’arredo, gli ambienti di servizio destinati alla clientela. Una porta in ferro e vetro e un piccolo passavivande ricavato in un vano nella muratura portante alle spalle del bancone, mettono in comunicazione la sala di somministrazione con la grande cucina, quest’ultima visibile anche dalla strada attraverso una vetrina dedicata. Un lungo piano snack sospeso per la consumazione dei cibi, infine, definisce il fronte con vetrine contrapposto al bancone.
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Progetto: Giuseppe Pellitteri, Massimo Macaluso
Ampliamento del cimitero comunale
Comune di Casteltermini
Casteltermini (AG) - 2005
Il presupposto iniziale nella progettazione dell’ampliamento del cimitero di Casteltermini è stato quello di considerare il camposanto non come la città dei morti, isolata, ma come parte integrante della città contemporanea, con le sue funzioni, le sue attività e le sue frenesie, nella quale esso rappresenta il momento della stasi e della riflessione. Se il cimitero è identificabile come parte della città bisogna interrogarsi sul significato che assume “l’abitare” questo luogo. L’intento è quello di creare uno spazio che, da semplice luogo di sepoltura così come inteso nella tradizione religiosa e nella consuetudine sociale, possa anche suscitare piacevolezza nella fruizione e nel contempo attivare quei processi intuitivi e mentali che rimandino alla memoria e alla concezione cristiana della vita eterna. Condizione necessaria alla piacevolezza dell’abitare è quella di liberare la mente da nostalgie e malinconie, creando uno spazio dominato dalla pace e dalla tranquillità. Le scelte progettuali di forme, soglie, percorsi e materiali siano quindi fondate sul miglioramento della relazione tra uomo ed architettura.
La scelta base della proposta è stata quella di un intervento decisamente paesaggistico, che traducesse lo scosceso andamento del terreno in una forte articolazione architettonica. Si è pensato, infatti, di inserire l’ampliamento nella parte orientale, alla base del vecchio cimitero, proprio per rafforzare il legame con il centro urbano e per cogliere l’occasione, attraverso il nuovo intervento, di riconfigurare gli spazi e riparare i “danni” fatti con gli interventi degli ultimi anni, nascondendoli. L’ampliamento deve diventare una quinta dietro la quale è sempre visibile una scena urbana che ha come soggetto principale la speciale forma a campana ancora intatta del vecchio cimitero e la sella della collina con i suoi caratteri naturali. I volumi contenenti le sepolture, situati su una serie di terrazzamenti, diventano rappresentazione diretta del suolo sul quale sorgono dimostrando un forte radicamento a questo, ma nel contempo ergendosi dalla terra si confrontano con la luce intensa ed i colori forti del paesaggio siciliano.
L’impianto complessivo dell’ampliamento è geometricamente strutturato in un recinto di forma rettangolare che si incastra con la forma originaria del cimitero nella sua parte a valle. Questa scelta formale grazie alla sua chiarezza geometrica ci ha permesso di mantenere inalterato e sempre ben leggibile il contorno dell’impianto originario dalla caratteristica forma a campana, di riconfigurare il fronte di ingresso al vecchio cimitero attualmente soffocato da una serie di superfetazioni dai linguaggi discutibili, di progettare il nuovo ingresso reinterpretando il tema dell’attraversamento. Il recinto che inquadra l’ampliamento è una sorta di parametro regolatore tra la campagna circostante con la sua naturalità, la città con le sue logiche distributive e la rigida organizzazione interna secondo leggi e gerarchie precise degli elementi che costituiscono l’organismo cimiteriale. Esso è costituito da un muro continuo ed uniforme che sembra quasi costituire un volume scoperchiato che si incastra nel profilo della collina. L’unica deroga a questo sistema compatto è costituito dall’ingresso che rappresenta per la sua funzione uno dei luoghi più rappresentativi dell’intero progetto. Esso configura il luogo del passaggio dall’attività frenetica della vita quotidiana al luogo della pace e della riflessione, quindi esso non può rappresentare un semplice e sterile attraversamento ma un luogo dove “accada” qualcosa che prepari l’uomo e la propria mente al confronto con la morte e con l’infinito. Due setti che continuano il segno della strada di ingresso verso l’interno interrompono la continuità del recinto, e creano quasi una sorta di richiamo verso l’interno. Una pensilina variamente inclinata tra i due setti, collegata ad essi da alcuni esili sostegni, genera una compressione dello spazio che produce quasi un senso di disagio e di tensione che inviti il visitatore ad una catarsi dai problemi quotidiani e si prepari all’incontro con la propria storia. L’insieme dei setti con la pensilina sono percepibili come un volume unitario ruotato avente la direzione della strada di accesso e rappresenta uno dei punti di riferimento sia per chi arriva al cimitero sia per chi si trova all’interno. All’interno del recinto la differenza tra la quota del nuovo ingresso ed il vecchio è colmata da una serie di cinque terrazzamenti che correndo parallelamente alle curve di livello servono da basamento alle nuove strutture sepolcrali. Queste sorgono sul ciglio del terrazzamento e rivolgono il loro fronte principale verso l’interno. Proseguendo dall’ingresso verso monte, nei primi tre terrazzamenti sono state inseriti una serie di sepolture in colombari costituiti da cinque file di loculi ciascuno, mentre negli ultimi due sono state progettate varie blocchi cappelle familiari che hanno l’ingresso verso il viale interno mentre sul fronte verso valle, un muro compatto ed uniforme le che le rende del tutto uguali ai colombari. Dall’ingresso si dipartono due percorsi principali. Il primo trasversale alle curve di livello congiunge il nuovo ingresso con il vecchio tramite una lunga gradinata. Esso continua fisicamente la strada di accesso al cimitero introducendo un segno forte e di rottura alla rigida compattezza delle forme sepolcrali creando un sistema unico tra esso l’ingresso e la cappella funeraria. Il secondo si sviluppa invece parallelamente alle curve di livello e si configura come una rampa continua che, insinuandosi tra le fasce di loculi e cappelle, si inerpica sul fianco della collina e si conclude anch’esso in prossimità del vecchio ingresso. Esso ha sia il compito della distribuzione funzionale tra i colombari e le cappelle, ma permette anche il passaggio di mezzi di servizio al cimitero nonché la comoda visita al luogo di culto da parte dei disabili. Questo secondo percorso anche se costretto tra le alte file di loculi e di cappelle crea delle lunghe fughe prospettiche che inquadrano il profilo delle montagne vicine. L’interruzione della continuità volumetrica nei punti di confluenza con i percorsi trasversali assicurano degli squarci suggestivi verso il paesaggio a valle. Il percorso è rimarcato, nella sua visione complessiva, dalla sommità dei muri perimetrali delle stecche di loculi e cappelle che sono inclinate secondo la pendenza delle rampe. Questo espediente serve sia a differenziare l’intervento nuovo da quello esistente ma anche a ricondurre, in una sorta di percorso visuale, lo sguardo alla monumentalità dell’impianto esistente.
Un nodo di particolare importanza nella progettazione è stata la connessione tra il percorso centrale dell’impianto esistente che ha una direzione ortogonale alle file di loculi e si configura come l’asse di simmetria della forma originaria con quello che collega il nuovo ingresso con il vecchio avente la direzione della strada che collega il cimitero al paese. Questo apparente conflitto è stato risolto con l’inserimento di uno spazio dove poter effettuare delle piccole celebrazioni religiose. Questo spazio si compone di un recinto di forma quadrata orientato secondo la direzione della strada e posto a cavallo di due terrazzamenti successivi. Al centro è posta una piccola cappella aperta e coperta avente la forma di un prisma a base quadrata che sbalza sul terrazzamento inferiore e serve da cappella per il celebrante. Il prisma risulta chiuso sui tre lati verso il paesaggio ed è notevolmente più alta dei volumi circostanti in modo che risulti sempre visibile anche da lontano. Questo spazio centrale sembra quasi configurarsi come il vero centro della composizione, il vero fulcro della rotazione del rettangolo che inquadra l’ampliamento rispetto al complesso originario. Un ultimo accento lo vorremmo porre sui materiali che sono stati pensati per i rivestimenti. Le cappelle ed i loculi sono rivestiti in pietra calcarea simile alla pietra locale molto usata nelle costruzioni del luogo. Questo permette alla nuova architettura la piena integrazione nel paesaggio.
La cappella centrale e la pensilina di ingresso sono invece in acciaio cor-ten. Questo materiale ha la caratteristica di presentare sulla sua superficie una patina di ossido che rappresenta il trascorrere del tempo, ma contemporaneamente lo protegge e ne allunga moltissimo la durata. Questa caratteristica ce lo ha fatto apparire molto adatto al tema cimiteriale che per sua natura si confronta con il passare del tempo e con l’infinito.
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Progetto: Giuseppe Pellitteri
Collaboratori: Dario Riccobono, Alessio Pallozzi Lavorante
Archivio di Stato
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Palermo - 2004/2009
Il progetto di recupero e conservazione del complesso di “Santa Maria della Catena” a Palermo è stato elaborato sulla base delle esigenze della committenza. Difatti, adattare un complesso storico e fortemente stratificato come questo a sede dell’Archivio di Stato, impone spazi funzionali alla conservazione e catalogazione dei documenti oltre che alla loro consultazione. Si è intervenuto, pertanto, in base alle analisi condotte sull’edificio, al restauro e al consolidamento strutturale dell’intero complesso architettonico. Si è inoltre previsto di chiudere con delle vetrate le arcate del primo piano del chiostro centrale, in modo da rendere più funzionali i percorsi interni all’edificio.
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Progetto: Giuseppe Pellitteri
Comune di Casteltermini
Casteltermini (AG) - 2010
L’amministrazione comunale di Casteltermini ha deciso di procedere al recupero e alla rifunzionalizzazione dell’ex poliambulatorio come spazio per attività culturali di arte contemporanea. La struttura ospitante l’ex poliambulatorio di Casteltermini risulta costituita da due corpi di fabbrica posti su una sorta di basamento piano. Il secondo corpo di fabbrica costruito negli anni ‘80 è, invece, costituito da una struttura in c.a. dalla forma planimetrica trapezoidale inscrivibile e fino a qualche anno fa esso ospitava un deposito per le ambulanze. Dato il forte legame che il paese continua ad avere con il suo territo rio ed il suo passato legato all’estrazione dello zolfo, ci è sembrato opportuno riappropriarsi di questa storia e reinterpretarla con i canoni e con i mezzi che sono propri del nostro tempo. La scelta è stata quella di recuperare la tipologia del “capannone” industriale con la sua peculiarità spaziale di ambiente unico e con elementi linguistici “poveri” ed estremamente funzionali quali le strutture a vista, i rivestimenti metallici e le capriate in acciaio. Vengono, quindi, a determinarsi tre capannoni distinti, interconnessi tra loro da due corpi bassi e vetrati. Inoltre, uno degli aspetti fondamentali del progetto è stato quello di creare spazi aperti ed idonei ad esposizioni e manifestazioni culturali legate all’arte contemporanea. Si è scelto di destinare il blocco comprendente l’originaria struttura in c.a. ai servizi di accoglienza del visitatore, quindi hall, info point, uffici e servizi igienici, mentre gli altri due blocchi con l’interposizione dei due corpi vetrati sono destinati ad ospitare le esposizioni vere e proprie.
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Progetto: Giuseppe Pellitteri
Recupero dell’isolato 1-D all’Albergheria
Istituto Autonomo delle Case Popolari della Provincia di Palermo
Palermo - 1998/2001
Il progetto dell’intervento di E.R.P. nel Mandamento Palazzo Reale del Centro Storico di Palermo all’Albelgheria-Ballarò prevede la realizzazione mediante recupero edilizio e urbano, di un complesso di alloggi, botteghe e delle relative opere di urbanizzazione (sistemazioni esterne per spazi pubblici e verde) da parte dell’Istituto autonomo per la Case Popolari della Provincia di Palermo, in attuazione della L. R. n° 5/86. L’intervento consiste nel recupero dell’isolato 1-D del P.P. “Albergheria”, mediante ristrutturazione delle unità edilizie in esso individua te o individuabili e riqualificazione degli spazi urbani esterni, allo scopo di valorizzare il contesto di pertinenza, realizzando le condizioni necessarie per mantenere o insediare attività residenziali e commerciali compatibili con le caratteristiche della parte di Centro Storico di Palermo interessata e con le attuali esigenze abitative. Il progetto prevede la realizzazione n. 17 unità abitative, da ricavare nei piani alti delle otto unità edilizie. Ai piani terra di tutto l’isolato, e sempre in corrispondenza delle relative unità edilizie, sono ricavate n. 11 unità immobiliari da adibire a botteghe o negozi, oltre a locali per gli impianti tecnici a servizio delle residenze.
Sistemazione degli spazi comuni della Facoltà di Ingegneria
Presidenza della Facoltà di Ingegneria, Unipa
Palermo - 2011/2013
Il complesso di edifici occupati dalla Facoltà di Ingegneria rappresenta una punto centrale nella città universitaria. Molti spazi, pensati forse solo per strutturare un sistema di collegamenti e snodi di percorsi nella fitta rete di corpi entro i quali si esercita la quotidiana attività didattica e di ricerca della Facoltà, costituiscono anche una risorsa e potrebbero arricchirne la vivibilità se opportunamente ripensati. La posizione e la dimensione dei corridoi, degli atri, dei porticati, degli ingressi ai dipartimenti, suggeriscono l’idea che questi spazi possano diventare luoghi di aggregazione e di riflessione. Si è pensato allora di partire, con questa operazione di diversa utilizzazione degli spazi interni comuni, dalla sistemazione e arredamento dell’edificio 8, rivisitando i grandi corridoi ai piani superiori, inserendo in essi aree attrezzate con postazioni di studio. le postazioni, a seconda dell’ampiezza della zona interessata, saranno con tavoli a corpo unico se a 4 sedute, poste perpendicolarmente alle pareti opposte a quelle finestrate, che è preferibile lasciare libere per il passaggio. I pannelli, che servono anche a contenere attrezzature, sono costituiti in realtà da parallelepipedi cavi, ben ancorati a terra, in legno laccato, oltre che colorati e/o con iscrizioni stampate, capaci di costituire anche supporto per materiale espositivo.